Davide Orsini, ex corsista Tracce, sceneggiatore, racconta la sua esperienza formativa e professionale

Davide Orsini, classe 1984, ex corsista Tracce, è ormai uno sceneggiatore professionista, con riconoscimenti (Rome Independent Fil m Festival) per il film Aquadro, coprodotto da Tommaso Arrighi (docente Tracce al corso di regia). Davide ci racconta come nasce la sua passione per la scrittura per il cinema e tv.

Davide sei ormai uno sceneggiatore a tutti gli effetti, hai frequentato CSC Milano (Cemtro Sperimentale Cinematografia), Tracce, l’università, ci racconti il tuo percorso? Come hai iniziato e come hai scelto la strada della scrittura per cinema e tv?

Quando ero al liceo ho letto tutto d’un fiato un libro su Alessandro Magno. È stato il primo libro che ho visualizzato nella mia mente scena per scena. D’istinto mi sono messo a pensare a cosa avrei tenuto e cosa no, e qual fosse il cuore narrativo della sua vicenda. È stata la prima volta che ho pensato che potessi fare lo sceneggiatore. Poi ho cominciato a fare corti con gli amici, e ho deciso di seguire questa passione all’università. Inoltre a Roma ho avuto occasione di lavorare sul set, che mi ha aperto la mente e mi ha insegnato cose che qualunque sceneggiatore dovrebbe sapere prima di lasciar andare la fantasia: cioè che ogni cosa che partorisce la mente deve essere fattibile per riuscire ad essere emozionante.
La televisione è stata una passione più tardiva, che mi è venuta all’università. Era il periodo d’oro della serialità americana, quello di Lost, Battlestar Galactica e Desperate Housewives. Ho cominciato a mangiare serie tv e a interrogarmi sulle strutture narrative, tanto da farci anche la mia tesi. Poi Tracce mi ha dato gli strumenti per affrontare con più consapevolezza la scrittura per il cinema e il Centro Sperimentale a Milano quelli per la televisione. Ma entrambi mi hanno insegnato qualcosa di più importante: lavorare in gruppo.

Cosa consigli agli aspiranti sceneggiatori? Vedere molti film, leggere sceneggiature, sembrano cose ovvie, ma spesso non è così. Tu cosa fai per crescere in questo percorso?

Io personalmente vedo tantissime cose: film, e soprattutto tanti piloti tv americani e britannici. Credo che uno sceneggiatore debba tenersi aggiornato su quali sono i prodotti sul mercato e i gusti del pubblico e dei broadcaster, perché sennò resta avvitato su se stesso e quello che reputa essere “una bella storia”. Per quanto le references siano importanti, bisogna sempre vederli come uno strumento di lavoro per mettere a fuoco la propria idea, altrimenti si rischia di riproporre sempre le stesse idee. Mentre è la vita e come noi la guardiamo e viviamo che dovrebbe ispirare la scrittura più di ogni altra cosa.

Hai già vinto diversi premi (per Aquadro, RIFF e Mattador ). Ora a cosa stai lavorando? Come scegli i tuoi compagni di scrittura?

Dopo Aquadro ho lavorato a una webserie che è ora è in produzione e ho venduto un paio di soggetti (sempre in collaborazione) per il cinema che sto cominciando a sviluppare in sceneggiatura.
In generale non scrivo quasi mai da solo: il confronto con gli altri, sia sceneggiatori che registi, è fondamentale per evitare di accartocciarsi in una sorta di autoreferenzialità, per evitare di non far parlare i personaggi come parleresti tu, per evitare di raccontare solo le storie di cui ti senti più “sicuro” o che reputi soggettivamente più interessanti. Con chi scrivi spesso non dipende da te, ma da contingenze lavorative, ma quando posso scegliere preferisco lavorare con chi è molto diverso da me (anche caratterialmente), chi ha una visione della vita e del cinema contrastanti. È per questo che ho lavorato benissimo con Stefano Lodovichi ed è grazie a questo continuo confronto (faticosissimo) che storie e personaggi diventano vivi, e non marionette nelle mani di uno scrittore che ha una tesi e vuole esporla. I film belli sono quelli che portano alla luce le contraddizioni, che pongono domande.

A chi ti ispiri tra registi e sceneggiatori?

Sono uno spettatore e scrittore onnivoro, quindi non ho particolari ispirazioni, dipende dal progetto che ho per le mani. Ma in generale amo tantissimo il cinema inglese (Ken Loach e Steve McQueen come registi, Paul Laverty e Peter Morgan come sceneggiatori), Katherine Bigelow, Takeshi Kitano e Jason Reitman (ancora meglio se a scrivere i suoi film c’è Diablo Cody). In tv credo che al momento gli inglesi non abbiano eguali, eccetto Aaron Sorkin, Mattew Weiner e gli sceneggiatori di The Wire.

Un film che rappresenta per te l’ABC della sceneggiatura “perfetta”

Quando faccio i laboratori nelle scuole coi ragazzi faccio vedere Ritorno al Futuro: credo che sia un esempio di perfezione per la capacità di intrattenere, emozionare e funzionare come un orologio svizzero in tutti i dettagli.

Grazie Davide, in bocca al lupo per il tuo futuro!

 

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