Scuola di sceneggiatura: il punto di vista e la voce narrante

Una delle cose da fare ancora prima di mettersi a scrivere un soggetto, un trattamento o una sceneggiatura (ma questo vale anche per la narrativa in altre forme) è “mettere a punto” il motore narrativo.  In un precedente articolo della Scuola di sceneggiatura abbiamo parlato di come trovare una idea. Adesso c’è da scegliere il punto di vista: chi è che sta raccontando la storia?

Scuola di sceneggiatura: il punto di vista e la voce narrante

 

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In Viale del Tramonto (Billy Wilder), la voce narrante e il punto di vista appartengono al cadavere in piscina all’inizio del film.

La scelta del punto di vista non è un dettaglio, ma riguarda fondamentalmente la storia stessa. Raccontare significa catturare l’attenzione di chi guarda e ascolta, e mantenerla alta nell’intero tempo del racconto. E in tutto questo, il punto di vista è cruciale, perché bisogna trovare il punto di vista migliore per raccontare la storia al meglio.

 

Perciò mentre alcune scelte puoi rinviarle ad un momento successivo (la scelta del tema, ad esempio), il punto di vista va deciso subito.

 

Bisogna scegliere chi racconterà la tua storia. Il protagonista? L’antagonista? Un altro personaggio? Un personaggio sconosciuto, che non apparirà mai? Un narratore terzo, il cosidetto deus ex machina onnisciente? Questa prospettiva è scelta dallo sceneggiatore. Può essere onnisciente, limitato o specializzato, a seconda di ciò che lo sceeggiatore sceglie.

 

Nella narrazione, il punto di vista si riferisce a come il regista, il personaggio o il narratore racconta la storia che il pubblico può vedere sullo schermo. Una storia raccontata da un unico punto di vista può anche funzionare bene per biografie o film d’azione guidati da eroi.

 

Ma i punti di vista possono anche essere più di uno, come nel caso di una storia corale, o ambientata in un periodo storico, con tanti personaggi che devono per forza esserci.

 

E ancora: il tipo di storia che vuoi raccontare – e quindi il punto di vista – dipende anche dal genere. Molteplici punti di pensiero si prestano maggiormente a travolgenti epopee storiche; i punti di vista sperimentali possono spesso funzionare bene con la commedia.

 

Quale che sia la scelta, devi sapere che il punto di vista che sceglierai influenzerà il modo in cui il film o la serie verranno girati, il modo in cui i personaggi vanno e vengono dalle scene e quanto il pubblico sa rispetto ai personaggi all’interno della scena.

 

Ad esempio nel giallo, c’è da scegliere se lo spettatore sarà al corrente dei fatti assieme al protagonista detective che indaga, oppure sarà un passo davanti a lui, e quindi saprà cosa sta per succedere (tecnica principale della suspance, della tensione).

 

A volte ancora c’è da scegliere se il punto di vista sarà in scena (seguendo il personaggio mentre compie le sue azioni) oppure fuori scena, da una voce narrante che racconta le intenzioni del personaggio mentre compie le azioni.

 

E infine: che ne dici di un film con una voce fuori campo, dove qualcuno ci racconta una storia ma quella storia fosse falsa? Una voce fuori campo che non è affidabile, o è “di parte”, ovvero ha interesse solo a raccontare alcune cose e non tutte?

 

Insomma, c’è da farsi venire il mal di testa.

 

Ricorda però che tutte le regole nella sceneggiatura sono lì per essere infrante. Se lo esegui bene, nulla ti impedisce di sovvertire le aspettative di punto di vista e genere.

 

Fatta questa doverosa, lunga e noiosa premessa andiamo ad affrontare le scelte principali sul punto di vista.

 

Il punto di vista singolo

La narrazione più semplice che puoi costruire è incentrata su un personaggio che seguiamo per tutto il film. È il modo più efficace per raccontare una storia incentrata sul viaggio di un eroe. Generalmente, una sceneggiatura che inizia con un unico punto di vista e poi introduce il secondo punto di vista a metà sembrerà sconnessa e non arricchita (Hitchcock a parte).

 

Il modo più intimo di esprimere un punto di vista limitato in terza persona è chiedere al tuo personaggio principale di raccontare agli spettatori i suoi pensieri e sentimenti attraverso una voce fuori campo. Spesso parlano da una prospettiva futura, guardando indietro.

 

Come scelgono di fare Martin Scorsese e Nicholas Pileggi in Goodfellas, Quei bravi ragazzi, lasciando al protagonista Henry di raccontare, con la voce narrante, un trentennio di mafia a New York.

 

 

A volte invece il narratore protagonista può essere in scena e raccontare egli stesso la sua storia, guardando direttamente negli occhi del pubblico, come fa Leonardo Di Caprio – Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street, nella sceneggiatura scritta da Terence Winter.

 

In questo film abbiamo due punti di vista dello stesso protagonista. Inizialmente siamo posizionati con lui nel suo tempo presente quando è diventato un agente di cambio milionario a Wall Street. Descrive il suo stile di vita edonistico fatto di droghe, denaro e sesso eccessivi.

 

 

Ma oltre a Belfort che narra sé stesso in tempo reale c’è anche una voce narrante, che arriva dopo, che è Belfort stesso, ma con una maggiore consapevolezza di sé stesso ma con uno sguardo rivolto al passato. Questo fornisce agli spettatori informazioni privilegiate.

 

 

Il punto di vista di un “conoscente”

Per raccontare le gesta di “Drugo nel Grande Lebowski, Joel e Ethan Cohen scelgono una voce fuori campo classica, di un narratore onnisciente che sa tutta la storia e sa anche come finirà. Non fa parte della storia, ma alla fine del film scopriremo che è un cowboy che frequenta lo stesso bar di Drugo, e che evidentemente lo conosce molto bene e del quale ha voluto raccontarci la storia.

 

 

Infrangere le regole del punto di vista

 

Il capolavoro di Alfred Hitchcock, Psycho, inizia come un film dal punto di vista unico. All’inizio il pubblico segue il punto di vista di Marian Crane mentre intraprende una missione rischiosa per rubare dei soldi dalla società immobiliare dove lavora per saldare i debiti del suo fidanzato Sam.

Gli spettatori pensano che sarà questo il conflitto del film. A sorpresa invece, in una delle sequenze più famose della storia del cinema, Marion si rifugia nell’omonimo motel di Norman Bates e viene brutalmente uccisa sotto la doccia.

Adesso il punto di vista è tutto sul detective Arbogast che indaga sull’omicidio. Ora il puybblico pensa che sarà questo il punto di vista che ci guiderà fino alla fine. Invece, Hitchcock gioca due volte lo stesso trucco e anche Arbogast viene nuovamente pugnalato a morte.

 

 

Psycho è un esempio di come il punto di vista e la prospettiva suggeriscano determinate aspettative agli spettatori. Hitchcock lo sovverte a suo vantaggio.

 

Pensa a come puoi sovvertire le aspettative quando sei nelle prime fasi della pianificazione della sceneggiatura.

Il punto di vista “interessato”

A volte il personaggio che narra e dai cui occhi il pubblico vede il film, è una voce narrante “sleale” o comunque interessata.

 

Nei Soliti Sospetti, Verbal Kint è il narratore che ci racconta una storia che però finisce per non essere vera. Certo, ci sono scene al di fuori del suo punto di vista, mentre i poliziotti cercano di ottenere una foto di Keyser Soze, ma tutti i flashback sono dal suo punto di vista. E condizionano tutta la storia.

 

Il punto di vista onnisciente che diventa comico

Il Peep Show britannico è una serie che sperimenta il punto di vista e lo porta all’estremo per ottenere un effetto comico. ‍

 

Questo perché è girato in prima persona: siamo posizionati come i personaggi principali, i coinquilini Mark e Jeremy, che vedono esattamente quello che vedono loro, anche i loro momenti più intimi come quando fanno sesso. Ma sentiamo anche i loro monologhi interni pronunciati come voce fuori campo così come i loro dialoghi.

 

Se stai scrivendo una commedia, considera come puoi usare il punto di vista e la forma per ottenere un effetto comico.

Punto di vista in conclusione

Speriamo che questa panoramica sul punto di vista ti abbia chiarito dei dubbi e non abbia aumentato la tua confusione.

 

Ti lasciamo con una citazione secondo noi appropriate di un maestro come Brian De Palma:

 

“In ogni forma d’arte crei nel pubblico l’illusione di guardare la realtà attraverso i tuoi occhi. La macchina da presa mente in continuazione, mente ventiquattro volte al secondo”.

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