Graziano Diana: scrivere con Lina Wertmuller

“Fui chiamato da un produttore per lavorare ad trattamento insieme a Leo Benvenuti e Piero De Bernardi per una miniserie per la televisione, che poi non si fece. La protagonista doveva essere Sophia Loren e la miniserie doveva essere diretta proprio da Lina”. E fu in quell’occasione che un allora molto giovane Graziano Diana arrivò al cospetto di Lina Wertmuller.

Oggi Graziano Diana sorride alla notizia dell’Oscar alla Carriera per Lina Wertmuller. “Una gran signora e una grandissima regista, l’Oscar è meritatissimo. Un po’ tardivo, ma come si dice, meglio tardi…”. Proprio il giorno della consegna del premio Graziano ha scritto su Facebook della sua esperienza di scrittura con Lina Wertmuller definendola “formativa“. E ovviamente l’aggettivo ha subito attirato l’attenzione di noi di Tracce, e l’abbiamo subito chiamato per saperne di più.

Formativo, hai scritto. Ovvero?

Devo stare attento a cosa scrivo sui social a quanto pare. Partiamo dall’inizio: Lina Wertmuller è una gran persona. Donna spiritosa, colta, profonda, grande conoscitrice non solo di cinema, ma soprattutto della natura umana. Pochi autori sanno disegnare un personaggio come lei.

lina wertmuller sul set di travolti

Cominciamo dall’inizio. 

Mi trovo, chiamato da un produttore a lavorare con Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, che per chi studia cinema non c’è bisogno di dire chi erano, per un progetto di una serie tv in due puntate con protagonista Sophia Loren. Non conoscevo Lina, per cui arrivo nella sua casa e già li resto di sasso. Una casa meravigliosa, arredata splendidamente, mobili e quadri pregiati e di gran gusto, insomma per chi ama l’arte, il design, il bello, c’è di che guardare. Poi arriva lei: spiritosa, arguta, ironica, ma anche dura, autorevole, determinata. Soprattutto percepivo subito che lei sapeva benissimo cosa volesse e dove volesse andare con noi sceneggiatori.

Graziano Diana in sala montaggio

E come andò? 

E’ stata una esperienza formativa! (ride). Si dice spesso delle donne determinate e decise “che hanno un brutto carattere”. In realtà Lina ha carattere e questo si vede in ogni suo risvolto. Partivamo da un soggetto e dovevamo sviluppare il resto, cioè trattamento, scaletta e sceneggiatura e dato che il progetto prevedeva la sua regia, tutto il lavoro di scrittura si svolse anche con lei. Come tutti sanno, oltre ad essere una regista Lina è anche grandissima sceneggiatrice e la sua presenza, le sue idee, i punti di vista si avvertono ed entrano profondamente nel lavoro. Ci sono autori che quando lavorano su idee e soggetti altrui, si “adattano” diciamo, al lavoro altrui e altri che ci entrano dentro e come in una casa, la arredano a propria immagine e somiglianza. Lina appartiene a questa categoria. I suoi film contengono i suoi personaggi, le sue idee, i suoi punti di vista già nel lavoro di scrittura.

Lina-Wertmüller-pasqualino settebellezze - set

Quindi lavoraste al trattamento, la scaletta e la sceneggiatura?

Si, e lei c’era sempre. Guida tutto il gruppo e tutto il lavoro si svolge assieme, non si fanno “compiti a casa”. A volte, quando c’è accordo su trattamento e scaletta, la sceneggiatura, per la scrittura, viene divisa in blocchi assegnati a ciascun sceneggiatore che lavora per conto proprio e poi in sede di quella che si chiama revisione, ci si confronta e si stende la sceneggiatura definitiva. Nel caso di Lina, non si procede così. Si sta assieme in ogni fase e in ogni fase lei interviene su ogni aspetto, su ogni aggettivo, su ogni scena, tutto. Ed è molto decisa, determinata, nell’affermare i suoi punti di vista. E’ una leader. E per me che ero molto giovane, c’era tanto da imparare.

C’è qualche aspetto di Lina che ti ha colpito particolarmente? 

Il suo modo di creare i personaggi, specie i protagonisti. Te li raccontava elencando una serie di caratteristiche, dettagli, modi di dire, di fare, come erano d’aspetto, con una profondità impressionante. Quando aveva finito non erano più dei personaggi, ma delle persone. Vere. Che poi è quello che ci sforziamo di insegnare a Tracce. Il lavoro sui personaggi è fondamentale. E’ da loro che poi nascono le storie. 

lina wertmuller oscar carriera

Ce l’avrà però un difetto!

Be’ diciamo che sapendo bene quello che vuole, non è molto predisposta ad accogliere punti di vista alternativi ai suoi. Ma è anche un elemento del suo essere quello che è. Non sarebbe Lina Wertmuller, altrimenti.

Successi Tracce, il Primo giorno di Matilde, di Rosario Capozzolo al Giffoni Film Festival

Ancora un successo Tracce, e ancora una volta, come nel caso di Federica d’Ignoti, un successo proveniente dall’ultimo corso di regia cinematografica. Il Primo Giorno di Matilde, cortometraggio di Rosario Capozzolo, allievo del corso di Regia, è stato inserito nella sezione World Premiere nell’edizione 2019 del Giffoni Film Festival, il Festival dei bambini e dei ragazzi che si tiene dal 19 al 27 luglio a Giffoni Valle Piana, Salerno.

 

 

Prodotto da Raya Visual Art di Roma in coproduzione con Sayonara Film di Bologna il corto vede nelle vesti del padre di Matilde, l’attore Riccardo De Filippis, noto per il ruolo di Scrocchiazzeppi nella serie televisiva Romanzo criminale, mentre le musiche del film sono di Giordano Corapi, docente del corso di regia.

 

Successi Tracce. Rosario Capozzolo del corso di regia dirige Il primo giorno di Matilde, presentato al Giffoni Film Festival

 

L’attore romano è affiancato da Alice Di Demetrio, una bambina di sette anni al suo debutto nel mondo del cinema. Inoltre il cast è composto da Ibrahim Keshk, Luigi Monfredini, Roberta Stellato, Ettore Budano, Federico Di Demetrio e Paola Pasquini.

 

Successi Tracce. Rosario Capozzolo del corso di regia dirige Il primo giorno di Matilde, presentato al Giffoni Film Festival

 

La storia di “Il Primo Giorno di Matilde” racconta gli istanti che precedono l’inizio del primo giorno di scuola elementare di Matilde, attimi che si rivelano essere, forse, l’ultima occasione per un padre di trasmettere alla figlia i valori in cui crede.

Successi Tracce. Rosario Capozzolo del corso di regia dirige Il primo giorno di Matilde, presentato al Giffoni Film Festival

 

A Rosario a Giordano e a tutta la troupe un grandissimo in bocca al lupo da tutti noi di Tracce!

Successi Tracce, Federica D’Ignoti, ex corsista, in selezione ai Nastri D’Argento

Ancora un successo dei corsisti Tracce. Il cortometraggio Anna, di Federica D’Ignoti è stato inserito nella selezione ufficiale dei Corti D’Argento 2019, che riunisce film prodotti e distribuiti nel corso del 2018, presentati e spesso premiati dalle giurie dei principali festival e delle rassegne specializzate.

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Docenti Tracce, Un Nemico che ti vuole bene, di Denis Rabaglia, debutta al Festival di Locarno

 

Cosa succede se si ha a disposizione un killer professionista ma nessun nemico da uccidere? E’ il curioso e divertente spunto da cui nasce Un nemico che ti vuole bene, il film di Denis Rabaglia, regista italosvizzero e docente di Tracce, scritto dallo stesso regista assieme ad altri docenti della scuola come Heidrun Schleef e Luca De Benedittis.

 

Il film, girato in Puglia e in Svizzera lo scorso inverno debutta in prima europea sul prestigioso schermo del Festival del Cinema di Locarno, il 7 e 8 agosto nella sezione Piazza Grande e vede tra gli interpreti Diego Abatantuono, Antonio Folletto, Paolo Ruffini, Sandra Milo, Massimo Ghini, Antonio Catania e Ugo Conti.

 

Il film è ispirato a un racconto che a sua volta traeva spunto da un fatto vero accaduto durante gli anni ’70 nella Georgia sovietica. La storia di un killer in fin di vita che viene soccorso da un passante in bicicletta. Una volta in grado di mettersi in piedi, l’uomo scompare ma si ripresenta dopo un mese con la ferma intenzione di sdebitarsi con il passante che gli ha salvato la vita. E dato che di mestiere fa il killer, non può che pagarlo “in lavoro” e cioè uccidendo gratis qualcuno per lui.

 

“A questa vicenda dice Denis Rabaglia – che in origine è un thriller carico di suspense, abbiamo aggiunto un elemento buffo, divertente, senza però stemperare la tensione e conservando un forte elemento di mistero. Ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se l’uomo a cui il killer offre la sua prestazione gratuita fosse un signore pacioso e tranquillo, in pace con se stesso e con il mondo che lo circonda e che sia convinto di non avere nemici di nessun tipo e dunque nessuno da uccidere. la sua risposta perciò non può che essere negativa. Ma anche il killer ha una sua convinzione: tutti abbiamo dei nemici, palesi o occulti e in quest’ultimo caso vanno scovati. E così il sicario comincia a indagare sulla vita del nostro protagonista, scoprendo cose che a lui erano ignote o che gli passavano sotto il naso”.

 

“Il film si può considerare nato durante le conversazioni tra i docenti di Tracce – dice Luca De Benedittis, fondatore della scuola assieme a Laura Soro – c’era Denis che era innamorato di questa storia e me ne ha parlato più volte, io ne ho parlato ad Heidrun che subito aveva pensato ad una black comedy, una vicenda drammatica ma con forti elementi da commedia. E alla fine si è convinto anche il produttore Attilio De Razza che ha deciso di essere nella compagine dei produttori, assieme a Andrea e Mauro Preti e Claudio di Mauro, decano dei montatori italiani e anche lui docente a Tracce, che ha anche montato il film.

 

Diego Abatantuono è il protagonista, il “salvatore” privo di nemici del killer, mentre Antonio Folletto impersona il sicario intenzionato a sdebitarsi, Sandra Milo è la mamma severa e “peperina” di Abatantuono e Massimo Ghini l’ex marito nonché amante della sua attuale moglie.

 

L’uscita in sala in Italia è prevista per il 4 ottobre 2018, distribuzione Medusa.

 

Docenti Tracce, la tradizione del cinema civile italiano nelle opere di Graziano Diana

 

Se si cerca su Google “Pertini il combattente” il docufilm dedicato all’indimenticabile presidente della Repubblica, l’utente si imbatte in oltre 1.250.000 risultati, a testimonianza del grande affetto del pubblico per il presidente più amato dagli italiani.

Ideato e diretto da Graziano Diana insieme a Giancarlo De Cataldo, il film si inserisce naturalmente nella filmografia di Diana composta da opere di cinema civile, dedicato a persone delle istituzioni (Il capitano Ultimo, il giudice Mario Sossi, la poliziotta Emanuela Loi, i soldati italiani in missione in Kosovo), come a cittadini che si trovano coinvolti in storie criminali che hanno segnato il cammino della Repubblica (l’avvocato Giorgio Ambrosoli, l’imprenditore Libero Grassi, il carabiniere Pietro Campagna che indaga per scoprire l’assassino della sorella uccisa dalla mafia). Ha esplorato anche il nostro passato (Edda Ciano e il Comunista e Don Bosco), si è occupato anche di problemi sociali come l’usura (Vite strozzate) e il mondo dei tifosi (Ultrà) ed è autore anche di commedie (Maniaci sentimentali, lo Zio d’America, Amiche, il Giudice Mastrangelo).

 

 

Graziano Diana, la tua è una filmografia prevalentemente dedicata all’impegno civile. Cosa ti affascina di questa tematica?

 

Mi affascina stare dalla parte delle vittime. In questo mi allontano un po’ dalle epiche criminali mainstream che oggi vanno per la maggiore, che vanno benissimo intendiamoci, io però sono molto affascinato da quelle persone che si trovano a sfidare poteri criminali, sia perché il loro lavoro lo prevede, oppure perché sono dei semplici cittadini che si trovano in un dato momento della loro vita coinvolti in fatti gravi e devono fare delle scelte. Lo sceneggiatore si occupa essenzialmente di questo, delle scelte che fanno i loro personaggi e delle conseguenze che queste scelte comportano, vale per le storie che scrivi e nella vita reale di tutti i giorni. Nelle sceneggiature sono le scelte che definiscono il personaggio, magari anche all’insaputa del personaggio stesso che non credeva di essere capace di fare quello che poi fa. E’ un tema che mi interessa molto, che trovo molto stimolante.

 

Sul set de “Gli anni spezzati”.

 

Nel cinema civile, ovvero nelle biografie di personaggi illustri, queste scelte però sono già state compiute, sono scelte già conosciute. In questo caso quale è il valore aggiunto delle storie?

 

Noi sappiamo che hanno fatto delle scelte, ma non sappiamo umanamente cosa abbiano comportato nella vita di quelle persone. Farle vedere o lasciare che si capiscano è il compito dell’autore di storie. E poi ogni racconto civile contiene comunque elementi cinematografici forti, anche il cinema civile è un cinema di genere. Il caso di Graziella Campagna che lavora in una lavanderia, una ragazza come tante che fa un lavoro come tanti. Una sera non torna più a casa e scompare, il fratello non crede alle verità ufficiali e a quelle sussurrate e si mette alla sua ricerca. Questo nel cinema di genere è un mistery. Oppure cinque giovani poliziotti di scorta ad un anziano magistrato che gli fa da figura paterna è il classico romanzo di formazione, così come i personaggi di Ultrà, ragazzi che si trovano a crescere e che un fatto drammatico indirizzerà, cambiandoli, su strade diverse. Sono linee di racconti diverso, cinema di genere e cinema civile, che si intersecano e che trovo molto stimolanti.

Sul set de “Gli anni spezzati”

 

Come scegli le storie da raccontare?

 

Guardando alle vicende dei protagonisti di fatti di cronaca di solito c’è un elemento che scorgo e che mi affascina al pensiero di realizzarlo cinematograficamente. Ad esempio nell’Eroe Borghese oltre al celebre saggio di Corrado Stajano c’era questa contraddizione che mi è subito saltata agli occhi, di due elementi che di solito non vanno mai insieme: la borghesia, con il suo mondo spesso a parte, distaccato dalla realtà e isolata da tutto e da tutti – pensiamo solo al cinema di Antonioni e all’incomunicabilità che affliggeva i suoi personaggi – e un elemento come l’eroismo. Un professionista milanese, di estrazione altoborghese, viene chiamato a controllare i conti della banca di Sindona. Nessuno si aspetta, né chi lo ha chiamato, né gli stessi poteri criminali che sono dietro alla banca e che hanno interesse che nulla venga rivelato degli “affari loro”, che questo personaggio invece si metta fare seriamente e rigorosamente il proprio lavoro e che quando scopre cose sospette continui a indagare, non fermandosi di fronte alla complessità, all’opportunità di lasciar perdere, finanche alle minacce sempre più insistenti. La borghesia che nessuno si aspetta: custode di valori come etica, rigore, disciplina, onestà, lealtà verso il proprio lavoro e verso le istituzioni, valori che poi si trasformano come in sabbia che va ad inceppare i meccanismi di un ingranaggio, rompendo tutto.

 

 

Quando scegli una storia da raccontare, la scegli in base al tema?

 

No, non si parte da un tema, anche se ma prima o poi ci devi arrivare mentre scrivi. L’inizio è sempre qualcosa che ti emoziona, che può essere un sentimento, un fatto di cronaca, un personaggio, che vuoi capire per poi raccontare. All’inizio cominci confusamente a raccontare qualcosa che poi pian piano prende forma e a un certo punto capisci quale è la costante esistenziale mitologica che sta sotto gli eventi, un filo rosso che unisce i personaggi e gli eventi, e tu capisci che cosa stai raccontando veramente: il senso di giustizia, la speranza, la sfida, la vendetta, la viltà, le costanti esistenziali umane.

 

Seul set de “Gli anni spezzati”.

 

Ci racconti il giovane Graziano Diana. Quando ti sei appassionato al cinema?

 

Sono stato appassionato soprattutto di storie. Già da adolescente avevo un quaderno dove appuntavo situazioni, abbozzi di storie e tratti di personaggi. Mi piaceva molto fantasticare, provare a immaginare, raccontare storie. Vista questa passione per la scrittura, mi regalarono una macchina per scrivere, una Olivetti, con la quale ho trascorso anni di scrittura amatoriale, allenandomi parecchio. Poi la città di Pesaro, dove ho trascorso la giovinezza, era ed è ancora una città molto viva a livello culturale, c’erano spesso rassegne cinematografiche, cineclub, occasioni per vedere film, per cui cominciai a scrivere recensioni dei film per i giornali locali. In seguito, al momento di iscrivermi all’università scelsi Roma e giurisprudenza, ma in realtà pensavo soprattutto al Centro sperimentale di cinematografia, dove riuscii a superare il concorso, non per sceneggiatura ma per produzione cinematografica. Ma pur di entrare e respirare l’aria di cinema, accettai lo stesso. Fortunatamente l’ultimo anno cambiò il direttore che trovò sbagliato questo sistema di rigida separazione tra le diverse specializzazioni e istituì l’anno comune per tutti dove si faceva di tutto e fu concesso anche agli studenti in corso di fare quest’anno di orientamento. Fu lì che ebbi come insegnante di sceneggiatura Furio Scarpelli che poi mi chiamò a collaborare con lui e con Ettore Scola.

 

Scarpelli e Scola, due monumenti del cinema d’autore italiano.

 

Tre monumenti, c’era anche Ruggero Maccari. Ho cominciato con loro come ragazzo di bottega per Maccheroni e La Famiglia, anzi come “segretario di sceneggiatura”, credo che esca così nei titoli di coda (abbiamo verificato e no, Graziano Diana figura nei titoli di testa come “Assistente alla sceneggiatura”, ndr).

 

La Famiglia, di Ettore Scola.

 

In cosa consisteva il lavoro di “segretario di sceneggiatura”?

 

In un divertimento continuo. Loro erano fantastici e fantastici erano i loro battibecchi. Maccari era quello che arrivava puntuale in ufficio e  cominciava a lamentarsi dei ritardi degli altri, i quali poi si lamentavano dei lamenti ed era meglio di una sit com. Io mi occupavo soprattutto di tenere i verbali delle riunioni di sceneggiatura, annotavo
le loro considerazioni e le loro revisioni, l’uno dell’altro. I grandi scrittori non temono il confronto, anzi lo cercano per cui c’era Scola che revisionava Scarpelli che revisionava Maccari che revisionava Scola. Specialmente di questo poi si lamentava la produzione, che si passasse tutto questo tempo con l’uno che revisionava l’altro. Era un contesto formidabile. Scola era già Scola, un autore a livello internazionale per cui in ufficio arrivavano telefonate da tutto il mondo, telefonava Jack Lemmon, il ministro della cultura francese, produttori di Los Angeles. E da quell’ufficio ho visto nascere un capolavoro assoluto come La Famiglia. Ho potuto vedere all’opera attori straordinari come Vittorio Gassman, Fanny Ardant, Philippe Noiret, Stefania Sandrelli e tanti altri. E’ stato come fare come un master a Los Angeles. E soprattutto ho preso confidenza con la sceneggiatura come struttura, come architettura narrativa. Quella de La Famiglia è un meccanismo perfetto, un orologio sincronizzato perfettamente, in una architettura complessa e strutturata, che è quella che poi mi trovo ad insegnare al corso di cinema di Tracce: la struttura in tre atti, il tema, il controtema, il dibattito tematico da cui nascono poi le scelte dei personaggi e le loro conseguenze.

 

 

Finiamo da dove abbiamo cominciato. Da Pertini. Hai già detto in tante interviste che non c’è oggi un Pertini nella politica. E nel cinema?

 

Non credo nemmeno nel cinema attuale. Però posso dire che c’è stato un Pertini nel cinema del passato. Era Marcello Mastroianni, un uomo eccezionale. Come Pertini con la politica, anche Mastroianni era mosso da una grande passione, il cinema, che però affrontava in modo che non ho mai visto fare da nessun altro. Aveva un gran senso di umanità, una profonda conoscenza della natura umana che riusciva a trasmettere poi sul lavoro, sui suoi personaggi, ma anche in tutto il set. Spesso d’estate lo incontravo a Fregene dove sostava in casa di qualche produttore: lo vedevo leggere il giornale, stare al telefono con la sua agente, parlare con i figli, sempre con quell’atteggiamento sereno e distaccato ma non distratto o superficiale ma come di uno che sa attribuire sempre il giusto valore alle cose e ai problemi della vita. Un sentimento di conoscenza della natura umana e della vita che riusciva a trasmettere anche sul lavoro, senza mai prendersi troppo sul serio, o essere serioso. C’è un aneddoto che lo descrive perfettamente: erano sul set di Ginger e Fred di Fellini, in mezzo a insegne luminose, lustrini, paillettes, tutta la scena era uno sfarzo enorme e lui a un certo punto dice a Fellini: A’ Federi’, me sa che stavolta ce sgamano. La sua intelligenza è un miracolo. Si, lui è senz’altro come Pertini. Anche se nessuno, giustamente, si sognerebbe di accomunarli.

 

 

I Corsi di sceneggiatura di Tracce tenuti (anche) da Graziano Diana.

Corso di sceneggiatura primo livello. 
Corso di sceneggiatura secondo livello.