Inventing Anna. Come un articolo reportage diventa una sceneggiatura

Nel maggio del 2018 il New York magazine pubblicò un lungo articolo-reportage intitolato: “Forse aveva così tanti soldi che ne aveva perso le tracce“.

 

Era la storia di Anna Delvey, venticinquenne ereditiera tedesca che nei tre anni precedenti era stata sulla bocca di tutti nella Manhattan che conta, quella fatta di manager, artisti, immobiliaristi, banchieri, giornalisti e giovanissimi eredi/gestori di famosi fondi senza fondo che, come in una continua giostra che ruota replicando il giro all’infinito, si incontravano tra di loro continuamente nei soliti locali “In”, “Up” e altri suffissi che connotano l’essere nel posto giusto col portafoglio giusto, insieme alla gente giusta.

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Julia Garner è Anna Delvey in Inventing Anna

A un certo punto, nel giro arriva questa ragazza: non particolarmente bella, non particolarmente sexy, non particolarmente interessante, non particolarmente niente che attirasse l’attenzione più del dovuto. Ma sembrava muoversi perfettamente a suo agio nell’habitat, aveva qualche conoscenza da vantare e molte da acquistare e a ogni giro nel club il suo portfolio amicizie aumentava di conseguenza.

 

Di lei si sapeva che vivesse in un hotel cinque stelle, ottima referenza, che cenasse nei soliti ristoranti del giro, altra ottima referenza, e che soprattutto le sue cene fossero sempre ben frequentate, ultima decisiva referenza.
Ma più di tutto, aveva il biglietto da visita che si usa oggi nell’habitat, il profilo Instagram, ottimamente accessoriato. Un centinaio di migliaio di follower e foto, foto, foto. Cene, pranzi, discoteche, resort, barche, mostre (quelle che contano), fiere d’arte (quelle che contano), biennali di architettura (Venezia, ad esempio).
Ma i soldi?

 

Pare sia ereditiera, si raccontava. No, pare che sia gestore del fondo del padre, antiquario berlinese. No, pare che siano banchieri. Ma poi a nessuno veramente importava. Quello che era importante è che avesse i mezzi per vivere nell’habitat. E pare ce li avesse, ma soprattutto a convincere tutti, erano le referenze trasmesse via sorrisi davanti a un bicchiere di vodka lemon.

 

Cosa raccontava la giovane Anna? Che voleva costruire qualcosa di bello, ad esempio, aveva adocchiato nella Manhattan ancora più cool di quella già cool, il Lower East Side un palazzo d’epoca: aveva intenzione di comprarlo per realizzarci molte belle cose. Un paio di piani dedicati all’arte contemporanea, un ristorante a piano terra, una backery cool con pane cool, con gli ultimi piani dedicati a hotel con stanze, suite e appartamenti.

 

Chi le avrebbe dato una mano? All’inizio Gabriel Calatrava, uno dei figli del famoso architetto Santiago ad arredare il tutto. Poi il “centro dinamico di arti visive”, sarebbe stato curato dall’artista Daniel Arsham, che conosceva bene, diceva, e poi mostre e installazioni di artisti blue-chip come Urs Fischer, Damien Hirst, Jeff Koons e Tracey Emin. Per l’evento inaugurale, ha detto Anna alla gente, l’artista Christo aveva accettato di avvolgere l’edificio.
Conto previsto per l’operazione? 65 milioni, tra rilevare il palazzo e ristrutturarlo come si deve. Così Anna fa sapere in giro che vuole incontrare banchieri pronti a finanziare l’impresa, garantita dai suoi fondi in Germania, ovviamente. “Cerca banchieri giovani, perché di solito sono anziani e verso le ragazze giovani provano diffidenza, non sono in grado di capirci”.

 

Grazie all’entusiasta sostegno di un giovane avvocato ben introdotto nell’ambiente contiguo a quello di Anna, i banchieri d’affari, le pratiche si avviano.
Ma i banchieri, almeno quelli di una certa età, prediligono i conti ai cocktail e chiedono garanzie. Che tardano ad arrivare, c’è sempre una carta che manca, una firma che non si legge, una promessa di documenti certificati che non si avvera.

Intanto i conti degli hotel dove soggiorna Anna raggiungono i sei zeri, qualcuno si accorge che la prevista carta di credito che deve sempre figurare tra i documenti degli ospiti nel caso di Anna, manca.
Così anche alcune banche che le avevano aperto fidi non esagerati, ma consistenti, vengono repentinamente chiusi. Le carte di credito non passano più. Arriva qualche denuncia. Molti amici che le avevano prestato soldi, restano esposti.

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Anna Chlumsky nel ruolo di Vivian Kent, la giornalista che raccontò la storia di Anna

Anna Delvey, alias Anna Sorokin viene arrestata nell’ottobre del 2017, accusata di una serie di truffe. Si è così scoperto che non era una ereditiera, veniva da una famiglia normale di emigrati russi in Germania, e a 25 anni, per diversi anni, è riuscita a dominare Manhattan in lungo e in largo, accumulando una striscia di debiti comunque non più lunga della striscia dei suoi amici. Che adesso raccontano che non ci possono credere.

“L’ho vista pagare cifre enormi per feste e cene, certo adesso che ci faccio caso, pagava sempre in contanti”.
“Mi doveva tremila dollari per un viaggio, ma poi mi sono dimenticato”.
“A me ne deve 65 mila per quella terribile esperienza del viaggio a Marrakech, nella suite del resort di Richard Branson, settemila dollari a notte, che fui costretta a saldare perché le sue carte di credito non passavano. Dovetti smobilitare tutti i miei risparmi per saldare quel conto. Ti faccio un bonifico appena rientriamo, ma non me lo fece mai”.
“È riuscita a trovarsi nei posti giusti. Indossava abiti davvero stravaganti” – Balenciaga, Gucci, Armani, Valentino, ma la particolarità era che li indossava ‘confusamente’, non faceva caso agli abbinamenti, che è tipico di chi ha una montagna di soldi e di marche pregiate e le indossa senza farci caso”.
“La conobbi ad una festa. Non ci feci molto caso. Vidi il suo profilo Instagram, mi sembrava a posto. Ci sono così tanti ragazzi, così, proprietari di fondi fiduciari in giro. Ognuno è il tuo migliore amico e tu non sai niente di nessuno”.
“Anna Delvay? New York è l’unica citta dove il denaro è l’unica cosa di cui nessuno ne avrà mai abbastanza”.
Una città dove ogni giorno si scambiano enormi quantità di denaro invisibile, dove si costruiscono torri di vetro su promesse sempre più somiglianti a profezie. Una città dove una Kim Kardashian può costruire da un miliardo di dollari con un culo scolpito, perché non potrebbe Anna Delvey?

 

Fino a quando è stata detenuta (il 25 Aprile 2019 è stata giudicata colpevole e condannata dai 4 ai 12 anni di prigione. È stata rilasciata l’undici febbraio 2021 e affidata alla United States Immigration and Customs Enforcement, in attesa di essere rimpatriata), diversi giornalisti sono andati a trovarla, continuando a chiederle: perché tu? Perché questa ragazza? Non era super sexy, o super affascinante; non era nemmeno molto simpatica. Come è riuscita a convincere un’enorme quantità di persone ricche e di successo che era qualcosa che chiaramente non era?

 

Poi qualcuno ha capito cosa aveva in comune Anna con le persone che stava studiando nelle pagine di riviste patinate di gossip e di notizie finanziarie. Ha visto qualcosa che gli altri non hanno visto. “Anna – ha scritto il New York Magazine – ha guardato l’anima di New York e ha capito che se distrai le persone con oggetti luccicanti, con grosse mazzette di contanti, con gli indici di ricchezza, se mostri loro i soldi, non saranno praticamente in grado di vedere nient’altro. È stato così facile, in fondo”.
“C’è una quantità illimitata di capitale nel mondo, sai?” ha detto Anna ad una giornalista in carcere. “Ma ci sono un numero limitato di persone che hanno talento”.

 

Inventing Anna, è la sua storia. Su Netflix.

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