10 strutture narrative per scrivere il tuo film

Quando hai l’idea sul cosa raccontare e sul chi lo racconta, devi anche scegliere il come raccontarlo. E trattandosi di cinema, ovvero sostanzialmente di una storia che deve emozionare lo spettatore, il come raccontarla è una scelta fondamentale, esattamente come il cosa e il chi.

È il momento cioè di scegliere una struttura di racconto, ovvero le scelte di base che lo scrittore deve compiere per raccontare la sua storia.

10 strutture narrative per scrivere il tuo film

Scegli la tua struttura tra queste che segnaliamo, ma ricorda sempre che non ci sarà struttura fantasiosa o accattivante che potrà sanare una storia che non funziona. La chiave è sempre l’emozione.

Se una storia ti emoziona, probabilmente hai una buona storia. Se quando la inizi a raccontare a qualcuno, questi ti dice la fatidica frase: “E poi che succede?”, allora molto probabilmente hai una buona storia.

Una volta che hai assimilato questo, puoi cimentarti in una di queste dieci strutture tipiche, scegliendo quella secondo te più adatta.

La struttura in tre atti

Tutto comincia con un inizio, una parte centrale e una fine. Fin dai tempi della preistoria, quando i primi uomini si riunivano attorno al fuoco, c’era uno che raccontava, magari a gesti, quello che gli era successo, o era successo a qualcuna altro e che lui aveva visto.

Lo schema era, ed è sempre lo stesso: inizio (la scoperta della preda); parte centrale (confronto con la preda e lotta); sconfitta e cattura della preda (finale).

La struttura in tre atti nel cinema è quella più elementare, che la maggior parte del pubblico conosce e che la maggior parte dei film adotta. È il “design della storia” più usato, conosciuto e accessibile per il pubblico.

Inizi col configurare il personaggio e il suo mondo, inventi il conflitto che è costretto ad affrontare o sceglie di affrontare, e poi lotta e risoluzione (e cambiamento intimo del protagonista, una storia che funziona insegna sempre qualcosa a chi la vive e a chi l’ascolta).

La struttura in tre atti è quella usata in film come Guerre Stellari, i primi Harry Potter, Lo Squalo e tanti altri. Questo tipo di struttura è consigliato per scrittori che amano raccontare storie in un flusso lineare – inizio, fase centrale e finale.

 

La struttura in tempo reale

Sta succedendo qualcosa e sta succedendo adesso. Qualunque sia il conflitto che hai in mente, è qui e adesso, devi solo seguire il protagonista per vedere che succede e come va a finire.

Film come La Parola ai giurati, United 93, Die Hard, Mezzogiorno di fuoco, Sfida all’Ok Corral sono esempi della struttura in tempo reale.

Non ci sono interruzioni, salti temporali, flashback o cose del genere. La storia è presentata ininterrotta e non filtrata. Ogni momento è importante e gli sceneggiatori che applicano questa struttura lo sanno.

C’è un motivo per cui Jack Bauer nella serie televisiva 24 non è mai stato visto andare in bagno in un singolo periodo di 24 ore: ogni momento è importante e il ritmo è l’unica cosa che conta (be’ non proprio l’unica, ma insomma conta molto).

Se scegli di raccontare la tua storia all’interno di una struttura in tempo reale, tieni sempre presente che devi impegnarti a rispettare le regole: non si può saltare un secondo nella vita del tuo personaggio.

 

Struttura a più linee temporali

Questa è una delle strutture più complicate. Prendi alcune storie lineari e le mescoli. Il più delle volte le storie presentano gli stessi temi, personaggi simili, così come gli eventi, ma non sono sempre specificamente e direttamente collegate. La causalità di una storia non sempre influenza le altre. L’unica connessione tra loro sono i temi, le emozioni e i messaggi condivisi, al di là delle scelte di produzione come ad esempio usare gli stessi attori per interpretare personaggi diversi, mostrare gli stessi luoghi in periodi di tempo diversi, eccetera.

L’esempio massimo di questa struttura è il Padrino parte II. I due protagonisti delle due storie, Vito Corleone e suo figlio Michael, vivono in tempi diversi ma entrambe le storie raccontano una storia: l’ascesa della famiglia Corleone nella mafia di New York negli anni Venti e nei Cinquanta.

La magia di questa struttura è che può dare al pubblico la sensazione che tutta la vita nell’universo sia in qualche modo connessa.

 

Struttura con collegamenti ipertestuali

Questa struttura di solito contiene storie multiple che però presentano un elemento (anche piccolo e non significativo) in comune con le altre. L’esempio tipico è Magnolia, di Paul Thomas Anderson dove ogni singola storia è collegata a un’altra, ma da un solo elemento a volte anche impercettibile.

Questi tipi di storie danno al pubblico un’idea di come le nostre vite individuali possano essere interconnesse. La causa e l’effetto di ciò che facciamo o non facciamo possono avere una causa ed effetto paralleli nella vita di altre persone.

L’aspetto chiave delle storie con collegamenti ipertestuali è che alla fine ogni storia e ogni personaggio finisce per avere un impatto importante sugli altri, e se ne togli uno, la storia generale potrebbe non funzionare più. È senz’altro una struttura difficile da padroneggiare.

Qual è questo elemento in Magnolia? L’amore e il bisogno di essere amati.

 

Struttura a Fabula

È un’altra struttura molto utilizzata dal cinema. Fight Club, Casinò, American Beauty, Goodfellas, Forrest Gump, Interview with the Vampire, La Venticinquesima ora e Citizen Kane sono esempi di struttura a fabula.

Questa struttura specifica impiegata soprattutto dal cinema americano utilizza un’organizzazione originale mostrando prima la fine, o anche un punto intermedio e facendo vedere al pubblico come ci sono arrivati. La storia parla del viaggio e si concentra sul come in contrapposizione al cosa.

Citizen Kane inizia con la morte del personaggio del titolo mentre borbotta “Rosebud” sul letto di morte. La sua vita viene quindi presentata attraverso flashback intervallati dall’indagine del presente di un giornalista sulla vita di Kane.

In Good Fellas, Quei bravi ragazzi, inizia con un delitto e la voce narrante che dice: “Da quel che mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster”.

La struttura a fabula viene spesso utilizzata nelle storie vere, ma può essere altrettanto facilmente applicata in modo creativo anche a quelle immaginarie.

 

Struttura cronologica inversa

Inizi con la fine – o vicino alla fine – ma non torni alla trama cronologica e prosegui suddividendo la sceneggiatura in pezzi per poi riorganizzare la storia usando quei pezzi montati in un ordine prestabilito.

Memento è il primo esempio di questa struttura. Il film utilizza brillantemente l’ordine inverso delle scene per creare una tensione unica: il pubblico vede il personaggio già alle prese con il suo conflitto e viene attratto dal chiedersi chi sia questo personaggio e cosa gli sia capitato.

In questa struttura è l’inizio della storia, quando tutto ha avuto inizio, ad essere il nucleo della storia, la principale causa di tensione, curiosità e intrighi. E ad ogni regressione della storia – in contrasto con la progressione in strutture in tre atti e applicazioni cronologiche – impariamo un po’ di più, mentre allo stesso tempo vengono presentate più domande.

Le strutture cronologiche inverse sono difficili da costruire. Non è così semplice come suddividere la sceneggiatura in pezzi e invertire l’ordine di quei pezzi. Devi prima scrivere una storia avvincente e coinvolgente e poi “montarla” in modo che funzioni meglio in quell’ordine inverso che hai scelto, avendo cura di dosare i colpi di scena e presentando domande su cui i lettori e il pubblico devono riflettere, il tutto rispondendo alle domande allo stesso tempo.

 

Struttura Rashomon

Questa struttura deriva dal classico capolavoro di Akira Kurosawa con lo stesso nome: Rashomon. È impostata sul raccontare la stessa storia da diversi punti di vista. Queste storie possono spesso utilizzare elementi della struttura Fabula – avere un personaggio che ricorda o rievoca eventi – ma qui la fabula è diversa perché è la stessa storia raccontata più volte dalla prospettiva di personaggi diversi.

Ciò consente al pubblico di ricordare che ci sono sempre lati diversi della stessa storia.

 

Struttura circolare

La narrazione circolare è una storia che finisce dove inizia e inizia dove finisce. Le storie di viaggio nel tempo sono le narrazioni a struttura circolare più importanti e utilizzano l’aspetto circolare della narrazione nel modo più letterale.

Film come Ritorno al futuro, l’Esercito delle 12 Scimmie mettono in mostra personaggi che vanno avanti o indietro nel tempo, influenzando i loro sé o eventi passati o futuri – di solito mostrati giocando con le immagini paradossali di finire e iniziare con le stesse scene, momenti, e luoghi, o variazioni di essi.

L’Odissea di Omero si apre con Odisseo che lascia Itaca per andare in guerra e poi si chiude con il suo eroico ritorno nello stesso luogo. È una sottile narrazione circolare, ma comunque circolare.

 

Struttura non lineare

Film non lineari come Pulp Fiction, Reservoir Dogs e Dunkirk raccontano storie saltando indietro, avanti e lateralmente nel tempo per raccontare una singola storia. Tali storie non sono presentate in ordine cronologico, o la narrazione non segue il modello di causalità diretta degli eventi della storia che troveresti in una struttura in tre atti o attraverso la fabula.

Il concetto alla base dei film non lineari è quello di sfidare il modo in cui pensiamo di ricordare le cose, o il modo in cui i personaggi ricordano i propri ricordi delle esperienze vissute.

Questa struttura ha il compito di sfidare il pubblico che deve ricordare dove si erano interrotte alcune scene e trame e devono essere in grado di riprendere la storia quasi immediatamente.

 

Struttura onirica

La struttura onirica è unica in quanto descrive una storia cinematografica utilizzando immagini oniriche, esplorando la struttura dei sogni, dei ricordi e della coscienza umana.

L’uso sottile di questa struttura è rappresentato al meglio da Vanilla Sky di Cameron Crowe. I confini tra il mondo reale e il mondo dei sogni diventano sempre più sfocati man mano che il film va avanti. Non siamo sicuri di cosa sia reale e cosa no.

 

Questo è quanto. Ora pensa alla tua storia e decidi quale struttura, secondo te, è più adatta per raccontarla.

Novità nei corsi di sceneggiatura: 1° e 2° livello diventano un unico corso: Scrivere un film

Grandi novità nei corsi di sceneggiatura di Tracce. A partire dal 2023, i corsi di sceneggiatura di primo e secondo livello si uniscono per diventare un unico corso: “Scrivere un film, da Zero alla sceneggiatura” è il nuovo unico corso dedicato a chi vuole apprendere le tecniche base e quelle avanzate per tutte le fasi della scrittura cinematografica, dall’idea alla sceneggiatura completa, passando per pitch, il soggetto, il trattamento, la scaletta e la sceneggiatura.

 

Il corso è unico ma è possibile dividerlo in due moduli, per cui chi lo desidera potrà fare il primo modulo che arriva alla definizione di un soggetto oppure decidere di proseguire e arrivare fino alla sceneggiatura.

 

Il nuovo corso debutta ad aprile 2023.

 

Su questa pagina tutti i dettagli.

Corso di sceneggiatura di Secondo Livello, ultimi posti disponibili entro il 17 dicembre

Con una Masterclass di Daniele Luchetti è stata inagurata la XXIV edizione del Corso di sceneggiatura di secondo livello, riservato a chi è già in possesso delle tecniche di base della scrittura di un soggetto e desidera approfondire nozioni e tecniche per la scrittura di una sceneggiatura per lungometraggio.

I corsisti sono chiamati a unirsi spontaneamente in gruppi di due o tre persone, per sviluppare un trattamento e una sceneggiatura per lungometraggio, che alla fine del corso sarà sottoposto all’analisi del produttore Nicola Giuliano, Premio Oscar per Miglior Film in Lingua Straniera “La grande bellezza”.

I lavori ottenuti, sceneggiature di 90-100 pagine, saranno valutate anche da Gianni Chiffi e Consuelo De Andreis, dell’agenzia Volver, i quali sceglieranno i progetti migliori da sottoporre all’attenzione delle principali case di produzione cinematografica nazionali.

Clicca qui per leggere il programma del corso in dettaglio.

Ci sono ancora due posti disponibili per iscriversi a questa edizione del Corso di II livello, ma l’iscrizione va perfezionata entro il 17 dicembre.

Per iscrizioni telefona a questi numeri:

349 7266758 – 346 4901058

Scuola di sceneggiatura: il punto di vista e la voce narrante

Una delle cose da fare ancora prima di mettersi a scrivere un soggetto, un trattamento o una sceneggiatura (ma questo vale anche per la narrativa in altre forme) è “mettere a punto” il motore narrativo.  In un precedente articolo della Scuola di sceneggiatura abbiamo parlato di come trovare una idea. Adesso c’è da scegliere il punto di vista: chi è che sta raccontando la storia?

Scuola di sceneggiatura: il punto di vista e la voce narrante

 

scuola sceneggiatura viale del tramonto voce narrante cadavere
In Viale del Tramonto (Billy Wilder), la voce narrante e il punto di vista appartengono al cadavere in piscina all’inizio del film.

La scelta del punto di vista non è un dettaglio, ma riguarda fondamentalmente la storia stessa. Raccontare significa catturare l’attenzione di chi guarda e ascolta, e mantenerla alta nell’intero tempo del racconto. E in tutto questo, il punto di vista è cruciale, perché bisogna trovare il punto di vista migliore per raccontare la storia al meglio.

 

Perciò mentre alcune scelte puoi rinviarle ad un momento successivo (la scelta del tema, ad esempio), il punto di vista va deciso subito.

 

Bisogna scegliere chi racconterà la tua storia. Il protagonista? L’antagonista? Un altro personaggio? Un personaggio sconosciuto, che non apparirà mai? Un narratore terzo, il cosidetto deus ex machina onnisciente? Questa prospettiva è scelta dallo sceneggiatore. Può essere onnisciente, limitato o specializzato, a seconda di ciò che lo sceeggiatore sceglie.

 

Nella narrazione, il punto di vista si riferisce a come il regista, il personaggio o il narratore racconta la storia che il pubblico può vedere sullo schermo. Una storia raccontata da un unico punto di vista può anche funzionare bene per biografie o film d’azione guidati da eroi.

 

Ma i punti di vista possono anche essere più di uno, come nel caso di una storia corale, o ambientata in un periodo storico, con tanti personaggi che devono per forza esserci.

 

E ancora: il tipo di storia che vuoi raccontare – e quindi il punto di vista – dipende anche dal genere. Molteplici punti di pensiero si prestano maggiormente a travolgenti epopee storiche; i punti di vista sperimentali possono spesso funzionare bene con la commedia.

 

Quale che sia la scelta, devi sapere che il punto di vista che sceglierai influenzerà il modo in cui il film o la serie verranno girati, il modo in cui i personaggi vanno e vengono dalle scene e quanto il pubblico sa rispetto ai personaggi all’interno della scena.

 

Ad esempio nel giallo, c’è da scegliere se lo spettatore sarà al corrente dei fatti assieme al protagonista detective che indaga, oppure sarà un passo davanti a lui, e quindi saprà cosa sta per succedere (tecnica principale della suspance, della tensione).

 

A volte ancora c’è da scegliere se il punto di vista sarà in scena (seguendo il personaggio mentre compie le sue azioni) oppure fuori scena, da una voce narrante che racconta le intenzioni del personaggio mentre compie le azioni.

 

E infine: che ne dici di un film con una voce fuori campo, dove qualcuno ci racconta una storia ma quella storia fosse falsa? Una voce fuori campo che non è affidabile, o è “di parte”, ovvero ha interesse solo a raccontare alcune cose e non tutte?

 

Insomma, c’è da farsi venire il mal di testa.

 

Ricorda però che tutte le regole nella sceneggiatura sono lì per essere infrante. Se lo esegui bene, nulla ti impedisce di sovvertire le aspettative di punto di vista e genere.

 

Fatta questa doverosa, lunga e noiosa premessa andiamo ad affrontare le scelte principali sul punto di vista.

 

Il punto di vista singolo

La narrazione più semplice che puoi costruire è incentrata su un personaggio che seguiamo per tutto il film. È il modo più efficace per raccontare una storia incentrata sul viaggio di un eroe. Generalmente, una sceneggiatura che inizia con un unico punto di vista e poi introduce il secondo punto di vista a metà sembrerà sconnessa e non arricchita (Hitchcock a parte).

 

Il modo più intimo di esprimere un punto di vista limitato in terza persona è chiedere al tuo personaggio principale di raccontare agli spettatori i suoi pensieri e sentimenti attraverso una voce fuori campo. Spesso parlano da una prospettiva futura, guardando indietro.

 

Come scelgono di fare Martin Scorsese e Nicholas Pileggi in Goodfellas, Quei bravi ragazzi, lasciando al protagonista Henry di raccontare, con la voce narrante, un trentennio di mafia a New York.

 

 

A volte invece il narratore protagonista può essere in scena e raccontare egli stesso la sua storia, guardando direttamente negli occhi del pubblico, come fa Leonardo Di Caprio – Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street, nella sceneggiatura scritta da Terence Winter.

 

In questo film abbiamo due punti di vista dello stesso protagonista. Inizialmente siamo posizionati con lui nel suo tempo presente quando è diventato un agente di cambio milionario a Wall Street. Descrive il suo stile di vita edonistico fatto di droghe, denaro e sesso eccessivi.

 

 

Ma oltre a Belfort che narra sé stesso in tempo reale c’è anche una voce narrante, che arriva dopo, che è Belfort stesso, ma con una maggiore consapevolezza di sé stesso ma con uno sguardo rivolto al passato. Questo fornisce agli spettatori informazioni privilegiate.

 

 

Il punto di vista di un “conoscente”

Per raccontare le gesta di “Drugo nel Grande Lebowski, Joel e Ethan Cohen scelgono una voce fuori campo classica, di un narratore onnisciente che sa tutta la storia e sa anche come finirà. Non fa parte della storia, ma alla fine del film scopriremo che è un cowboy che frequenta lo stesso bar di Drugo, e che evidentemente lo conosce molto bene e del quale ha voluto raccontarci la storia.

 

 

Infrangere le regole del punto di vista

 

Il capolavoro di Alfred Hitchcock, Psycho, inizia come un film dal punto di vista unico. All’inizio il pubblico segue il punto di vista di Marian Crane mentre intraprende una missione rischiosa per rubare dei soldi dalla società immobiliare dove lavora per saldare i debiti del suo fidanzato Sam.

Gli spettatori pensano che sarà questo il conflitto del film. A sorpresa invece, in una delle sequenze più famose della storia del cinema, Marion si rifugia nell’omonimo motel di Norman Bates e viene brutalmente uccisa sotto la doccia.

Adesso il punto di vista è tutto sul detective Arbogast che indaga sull’omicidio. Ora il puybblico pensa che sarà questo il punto di vista che ci guiderà fino alla fine. Invece, Hitchcock gioca due volte lo stesso trucco e anche Arbogast viene nuovamente pugnalato a morte.

 

 

Psycho è un esempio di come il punto di vista e la prospettiva suggeriscano determinate aspettative agli spettatori. Hitchcock lo sovverte a suo vantaggio.

 

Pensa a come puoi sovvertire le aspettative quando sei nelle prime fasi della pianificazione della sceneggiatura.

Il punto di vista “interessato”

A volte il personaggio che narra e dai cui occhi il pubblico vede il film, è una voce narrante “sleale” o comunque interessata.

 

Nei Soliti Sospetti, Verbal Kint è il narratore che ci racconta una storia che però finisce per non essere vera. Certo, ci sono scene al di fuori del suo punto di vista, mentre i poliziotti cercano di ottenere una foto di Keyser Soze, ma tutti i flashback sono dal suo punto di vista. E condizionano tutta la storia.

 

Il punto di vista onnisciente che diventa comico

Il Peep Show britannico è una serie che sperimenta il punto di vista e lo porta all’estremo per ottenere un effetto comico. ‍

 

Questo perché è girato in prima persona: siamo posizionati come i personaggi principali, i coinquilini Mark e Jeremy, che vedono esattamente quello che vedono loro, anche i loro momenti più intimi come quando fanno sesso. Ma sentiamo anche i loro monologhi interni pronunciati come voce fuori campo così come i loro dialoghi.

 

Se stai scrivendo una commedia, considera come puoi usare il punto di vista e la forma per ottenere un effetto comico.

Punto di vista in conclusione

Speriamo che questa panoramica sul punto di vista ti abbia chiarito dei dubbi e non abbia aumentato la tua confusione.

 

Ti lasciamo con una citazione secondo noi appropriate di un maestro come Brian De Palma:

 

“In ogni forma d’arte crei nel pubblico l’illusione di guardare la realtà attraverso i tuoi occhi. La macchina da presa mente in continuazione, mente ventiquattro volte al secondo”.

Monica Zapelli nuova docente ai corsi di sceneggiatura

docenti sceneggiatura tracce monica zapelli

 

La sceneggiatrice Monica Zapelli, due David di Donatello, un Nastro d’Argento e un Premio per la Sceneggiatura alla Mostra di Venezia entra a far parte dei docenti di sceneggiatura ai corsi della scuola di cinema Tracce.

 

Monica Zapelli insegna in entrambi i corsi di sceneggiatura di Tracce: il corso di primo livello e nel corso di Secondo livello, anche detto corso Master.

 

Monica Zapelli è nata a Pavia nel 1966. Nel 2001 vince il primo David di Donatello (insieme a Claudio Fava e Marco Tullio Giordana) per la sceneggiatura originale de I Cento passi . E nel 2022 ottiene un altro David per la sceneggiatura non originale di L’Arminuta (insieme a Donatella Di Pietrantonio).

 

Dopo la laurea in filosofia nel 1990, Monica si trasferisce si trasferisce in Colombia, dove insegna storia e filosofia. Rientrata in Italia, nel 1999 realizza il cortometraggio Il bambino con la pistola, scritto e diretto insieme con Federico Cagnoni, che vince il premio come miglior cortometraggio al Giffoni Film Festival del 2000, dopo che nel 1997, ancora in forma di sceneggiatura, aveva vinto il Premio città di Siena per il corto.

 

Nel 1998 la sceneggiatura de I Cento passi scritta con Claudio Fava, riceve una menzione speciale al Premio Solinas a cui seguiranno il David del 2001, il Nastro d’argento alla migliore sceneggiatura e il Premio per la migliore sceneggiatura alla 57ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

 

Dal 2005 Monica sceneggia numerosi film per il cinema e per la televisione collaborando, fra gli altri, con Mimmo Calopresti, Giuliano Montaldo, Gianluca Maria Tavarelli, Giacomo Campiotti, Maurizio Zaccaro, Ricky Tognazzi e Daniele Vicari.

 

I suoi ultimi lavori sono al cinema, Nour, regia di Maurizio Zaccaro (2019) e L’Arminuta, regia di Giuseppe Bonito (2021). In televisione la fiction Rita Levi-Montalcini, regia di Alberto Negrin e Il nostro generale, regia di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin.

 

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